“Forse è vero che in ogni scrittore, quale ne sia il valore, purché non si riduca a mero scrivente, c’è un sottotesto, fatto di attese inconsapevoli, intuizioni, presentimenti, che poi si rivelano nella testimonianza, più o meno fedele e sofferta, della scrittura. È il vissuto.” Franco Ferrarotti racconta così la sua vita e le sue esperienze in questo testo, che, come lui stesso scrive, non ha nessuna intenzione di insegnare agli altri né di moraleggiare: quel che l’autore vuole è “lasciare che i fatti, se hanno qualcosa da dire, parlino da soli.”
FRANCO FERRAROTTI è professore emerito di Sociologia all’Università di Roma «La Sapienza», vincitore del primo concorso bandito in Italia per questa materia. Fra i fondatori del «Consiglio dei Comuni d’Europa» nel 1949 a Ginevra; già responsabile dei «Facteurs Sociaux» all’OECE, ora OCSE, a Parigi; deputato indipendente per la III Legislatura; fondatore, con Nicola Abbagnano, dei Quaderni di sociologia nel 1951; co-fondatore dell’Istituto di Scienze sociali di Trento nel 1962; dal 1967 dirige La critica sociologica; nel 1978 nominato «directeur d’études» alla Maison des Sciences de l’Homme a Parigi; insignito del premio per la carriera dall’Accademia nazionale dei Lincei il 20 giugno 2001; nominato Cavaliere di Gran Croce l’11 novembre 2005 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
RASSEGNA STAMPA
LE SCHEGGE DI VITA DI FERRAROTTI
Ennesima opera di Franco Ferrarotti, amichevole augurio di continuazione. È un intellettuale critico, Ferrarotti, e non sempre gli intellettuali sono critici. Vale a dire, non accettare la realtà senza valutare se l’apparenza inganna e c’è dell’altro sotto il veduto, udito, riconosciuto. Questo suo recentissimo libro, Schegge di vita, è una raccolta di testi divaganti, argomenti ramificati, persone, personaggi, divaricazioni concettuali. Forse già scritti e ora raccolti. La scrittura, talvolta sostenuta da animazione dialettica, talvolta come un parlato, talvolta narrazione. Prendiamo quanto Ferrarotti considera da opporre a Jean-Paul Sartre: che Sartre esige dallo scrittore l’azione e la decisione, non soltanto la scrittura. Ricordo che Alberto Moravia dichiarava e mi diceva che lo scrittore che si volge all’azione non ha spesso valore come scrittore e cerca una compensazione. Sartre intendeva dire che un pensiero che non giova a trasformare la vita sociale è vacuo, sulla scia di Karl Marx (Glosse a Feuerbach: I filosofi hanno pensato il mondo, ma bisogna trasformarlo) rivendicava un pensiero, appunto, idoneo a capire la realtà per operare nella realtà? Ferrarotti non accoglie questo obbligo di azione e decisione. Lascio la questione come questione, con una notazione: mai ritenere artista, espressivo colui che sarebbe tale soltanto perché si “impegna”.
Credo che Ferrarotti voglia scansare questo pessimo equivoco. E in effetti lo ritengo un equivoco da scansare. A proposito, le notazioni su quanto Ferrarotti dedica a Pier Paolo Pasolini. In modalità borgatare, paesane, terzomondiste anche Pasolini entra nell’equivocità; viene considerato per le sue opinioni confuse con le sue capacità espressive. Opinioni che Ferrarotti ironizza, se non irride. In realtà ostracizzare tutto e tutti: omologazione, società dei consumi, borgatari integrati, piccolo borghesi, borghesi, proletariato, da parte di Pasolini lo faceva brancolare nel vuoto o presunte società pre-capitaliste che di sereno avevano la fame e la fatica. Queste pagine di Ferrarotti vanno lette. Ma vi sono pagine esistenziali, narrativamente risolte proprio come narrazione. Ferrarotti ha il gusto della individualità, fu lui a introdurre in Italia la metodologia delle Storie di vita, una coniugazione tra il singolo e il sociale, la società in ogni individuo. La ritrattistica della madre, un pezzo tragico nella serenità che lo ricopre, questa madre mai ferma anche in estrema età, e che muore passando dal dormiveglia alla fine con il giornale sulle gambe, nel non dire il tragico perviene al tragico, dicevo, senza grida, contegnoso, ma, insisto, tragico.
E lo scrittore William Faulkner, maniaco della sua terra, il Sud degli Stati Uniti, dei suoi cavalli, indifferente al resto, sembra di mente stretta; invece, è devoto a ciò che ama. Vi sono testi peculiarmente sociologici e una cronaca di rapporti con sociologi, artisti. Leggendo e guardando immagini mi appariva la sua facilità discorsiva, gli incontri, i dialoghi. Ero ragazzo a Messina quando lessi un libro di Ferrarotti, sul sindacalismo negli Stati Uniti, nella sua rivista La critica sociologica mi pubblicò un testo sul tramonto del realismo socialista a cui tengo. Incontri, dialoghi, dicevo, e ora questo libro, che tra un testo e l’altro ha un’ombra, l’ombra del tempo, l’ombra del nulla, e tuttavia la consistenza del sé non come obbligo di impegno ma come passione di vivere il proprio sentire la vita.
(*) Schegge di vita di Franco Ferrarotti, Armando editore, 252 pagine, 22 euro
Aggiornato il 08 novembre 2023 alle ore 11:18
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