Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili da parte dei tanti altri protagonisti che ruotano attorno alla villa, scateneranno una serie di eventi sorprendenti e carichi di azioni avvincenti che incollerà il lettore fino all’ultima pagina.
LO CHIAMAVANO TYSON
di Mauro Valentini
Anno di edizione: 2021
Numero di pagine: 240
Scarica l'estratto15,00€
Anno di Edizione | |
---|---|
Autore | |
Area tematica | |
Collana | |
Numero di Pagine |
7 recensioni per LO CHIAMAVANO TYSON
Aggiungi una recensione Annulla risposta
Devi effettuare l’accesso per pubblicare una recensione.
Armando Editore –
Da news 24 Mauro Valentini ed il suo nuovo romanzo ” Lo chiamavano Tyson” in libreria e sulle piattaforme
Mauro Valentini, giornalista e scrittore, lancia il suo nuovo romanzo, ” lo chiamavano Tyson”, “dedicato a quelli come Tyson, agli sradicati, agli esiliati che hanno popolato i quartieri ghetto della Capitale”.
Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili, scateneranno una serie di eventi sorprendenti che inchioderanno il lettore fino all’ultima pagina.
Armando Editore –
Da Alibi Online:
VI CONSIGLIO “LO CHIAMAVANO TYSON” DI MAURO VALENTINI
La realtà delle periferie popolari romane e la difficoltà di trovare una via per uscirne davvero emergono con prepotenza nel bellissimo romanzo di Mauro Valentini “Lo chiamavano Tyson” (Armando Editore).
È una realtà dura, difficile, disperata e a tratti comica, imprevedibile come lo sono gli esseri umani. Da quelle case popolari più simili ad alveari che a vere dimore, emergono storie spesso difficili, a volte commoventi, ma mai scontate. Ci sono i pochi che fanno carriera, nonostante tutto, e ci sono i molti che invece quell’ambiente non sono mai riusciti a scrollarselo di dosso, che vivono di lavoretti più o meno legali e di espedienti, che attendono ancora un’occasione, ma senza avere gli strumenti per saperla cogliere.
Il protagonista è uno di questi figli della periferia. A quasi cinquant’anni è rimasto solo e si rende conto di aver sprecato anche quelle poche occasioni che la vita gli ha concesso. Il suo vero nome è Fausto e, nonostante l’aspetto massiccio e il brutto carattere, fin da piccolo aveva la passione per la musica. Ma a dodici anni, durante una partita di calcetto estiva tra i ragazzi dei palazzoni, qualcuno l’ha chiamato Tyson, e quel nome non solo gli è rimasto appiccicato, ma se n’è volutamente appropriato come di una maschera aderente, che non è più riuscito a togliere.
“Aveva continuato a piangere in silenzio, un pianto intriso di una disperazione inconsolabile, la testa avvolta dalle sue mani enormi e dalla musica a tutto volume, realizzando solo in quel momento quanto il Tyson che aveva dentro fosse stato in tutti questi anni il vero padrone della sua vita. Quanto era stato tanto più forte di lui, di Fausto.”
UN’OCCASIONE D’ORO
Tyson era quello grosso e cattivo, che tutti temevano e rispettavano. Nel mondo violento in cui è cresciuto, quel soprannome e quella fama erano una protezione. Ma gli anni passano, e mentre Mario, detto Bruschetta — il ragazzino timido che abitava nella stessa palazzina, ma che Tyson notava a malapena — è riuscito a fuggire da lì per diventare un famoso chef, Tyson ha provato molte strade ma alla fine quel nome, e la rabbia atavica che si porta appresso, l’hanno sempre trascinato a casa, alla periferia da cui è partito.
Quando Mario riappare nella sua vita per offrirgli un lavoro vero e ben pagato, fatica a crederci: quattro mesi a fare il guardiano di Villa Azzurra, per cui Mario lavora come chef da decine di migliaia di euro al mese. Quattro mesi a fare niente di più che controllare dei monitor, con spese pagate nei bar e negozi della zona, uso della piscina e della sala musica, strapiena dei dischi da collezione del commendator Peroni. Un sogno, ma soprattutto un’occasione d’oro: se riuscirà a fare buona impressione sul ricchissimo proprietario, potrebbe anche sistemarsi per la vita.
Unica nota un po’ stonata: la villa comprende una sorta di “trappola per topi”, una gabbia per attirare eventuali ladri e tenerceli rinchiusi fino all’arrivo della polizia. Qualcosa ai limiti della legalità, ma che non preoccupa Tyson, certo che tutto andrà bene. Perché deve andare bene: questa è la sua ultima possibilità.
“Quante volte infatti, ripensando alla sua vita, aveva agito d’impulso, senza riflettere. Quante volte avrebbe potuto cambiare il suo destino se soltanto avesse avuto in quei momenti quel soffio appena di consapevolezza e di controllo che invece non aveva mai avuto. La sua rabbia aveva preso il sopravvento nella sua vita e a ripensarci bene adesso, mentre era lì con quel cretino di Pennello a giocarsi l’ultima chance della sua vita lavorativa, quante cose sarebbero state diverse.”
Tutto perfetto, non fosse che ha bisogno di un socio per i turni di guardia, e dal momento che i primi due a cui ha pensato non sono disponibili, ripiega su Alcide Pennello, un altro sbandato come lui, che a cinquant’anni vivacchia sulle spalle della sorella e del cognato. E già qui il lettore intuisce che le cose potrebbero non mettersi bene… Ma quanto male possano mettersi nessuno potrebbe mai immaginarlo.
UN AFFRESCO VIVACE
È difficile inserire “Lo chiamavano Tyson” in un genere preciso. In parte thriller, in parte spaccato di vita vera, con una buona dose di ironia, si può solo dire che è un romanzo che coinvolge e trascina il lettore — un po’ sballottato, un po’ incredulo, un po’ divertito e un po’ scioccato — fino alla fine. Questo grazie alle ottime capacità narrative dell’autore, il cui stile si adatta al soggetto ma rimane sempre vivace e impeccabile — scorrevole e immediato come il racconto ipnotico di un cantastorie — e grazie alla sua capacità di tratteggiare personaggi vividi e reali.
I personaggi presentati sono molti, e ognuno ha un ruolo, anche se piccolo, nella storia. Ma tutti hanno un carattere ben definito e un passato. Ho trovato davvero ben fatto il modo in cui tutte queste singole storie apparentemente molto diverse e slegate finiscono per intrecciarsi, magari in modo casuale, e a volte comico, come spesso è la vita.
C’è il piccolo delinquente, la barista annoiata, il figlio di papà oppresso dalla solitudine a cui i soldi non hanno portato nessuna felicità, il vigilante con un passato oscuro, il guardiano che ormai vive solo per il lavoro, l’immigrato disilluso che pur di sopravvivere accetta qualsiasi rischio.
Tutti loro contribuiscono a creare un affresco colorato e vitale, anche se spesso triste, della variegata realtà romana, nonché umana. Mi è piaciuto molto soprattutto il fatto che l’autore, pur presentando per lo più un’umanità allo sbando, non esprima mai giudizi, ma anzi tratti tutti i suoi personaggi con uguale dignità, quasi con tenerezza. Mi sono piaciuti tutti, anche se per alcuni facevo più il tifo (e sono felice che almeno per qualcuno di loro ci sia un lieto fine).
COL FIATO SOSPESO
Non si può anticipare di più sulla trama senza fare spoiler, ma diciamo che dalla situazione di partenza già si intuisce che qualcosa non andrà per il verso giusto. Si resta col fiato sospeso fino alla fine, senza sapere cos’altro ancora potrà succedere. Verso la fine la situazione è talmente tragica e assurda da risultare comica, il che rende più leggera e piacevole da seguire quella che è nella realtà una storia molto dura, di ordinaria follia.
Ho apprezzato anche i molti riferimenti musicali (pur non conoscendo le canzoni citate, ho un debole per la musica intrecciata alle vicende di un romanzo) filmici e letterari (metterò di sicuro in lista di lettura “La camera azzurra” di Simenon).
In conclusione posso solo dire che è un romanzo davvero sorprendente, sia per la trama che per la cura dei dettagli, la profondità psicologica e la capacità di coinvolgere emotivamente il lettore. Un romanzo cattivo, disperato, eppure a suo modo poetico. Una lettura non solo appassionante, ma che lascia qualcosa dentro, e di cui, vi assicuro, non vi pentirete.
Laura Baldo
Mauro Valentini
Lo chiamavano Tyson
Armando Editore
Collana Narrare
2021, 240 pagine
15 €
Armando Editore –
DA Welfarenetwork.it
Il nuovo libro di Mauro Valentini : LO CHIAMAVANO TYSON
L’anima della periferia romana, con i suoi tratti di povertà, precarietà, violenza e rabbia, è la protagonista indiscussa del romanzo d’azione del giornalista Mauro Valentini.
Il nuovo libro di Mauro Valentini : LO CHIAMAVANO TYSON
L’anima della periferia romana, con i suoi tratti di povertà, precarietà, violenza e rabbia, è la protagonista indiscussa del romanzo d’azione del giornalista Mauro Valentini.
Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili, scateneranno una serie di eventi sorprendenti che inchioderanno il lettore fino all’ultima pagina.
Dichiara Mauro Valentini: «Questo romanzo dalle tinte così forti l’ho dedicato a quelli come Tyson, agli sradicati, agli esiliati che hanno popolato i quartieri ghetto della Capitale. Ci sono tanti Tyson nelle periferie di Roma e molti avrebbero potuto avere un destino migliore, ma non ce l’hanno fatta. Lui in questa storia che racconto, avrà un’ultima, inaspettata opportunità per dare una svolta alla vita, anche a costo di usare la violenza.».
Lo stile di Lo chiamavano Tyson, a tratti grottesco, violento e claustrofobico, richiama alcuni scrittori che hanno influito sulla formazione e sull’immaginario dell’Autore: Niccolò Ammaniti e Carlo Lucarelli, ma anche Roberto Saviano e Giancarlo De Cataldo. La musica, nel romanzo di Valentini, ha un ruolo centrale (soprattutto i “Jethro Tull”) sia nella costruzione dell’ambientazione sia nella descrizione delle relazioni tra Tyson e gli altri protagonisti.
Mauro Valentini, giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa e Marta Russo – Il Mistero della Sapienza (Armando editore). Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo.
MAURO VALENTINI- LO CHIAMAVANO TYSON- ARMANDO EDITORE- Pagine 240, Prezzo 15,00-In libreria il 1° APRILE 2021
Armando Editore –
Da Class Travel
Lo chiamavano Tyson
25/03/2021352
L’anima della periferia, con i suoi tratti di povertà, precarietà, violenza e rabbia, è la protagonista indiscussa del romanzo del giornalista Mauro Valentini.
In libreria il 1° APRILE 2021
Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili, scateneranno una serie di eventi sorprendenti che inchioderanno il lettore fino all’ultima pagina.
Dichiara Mauro Valentini: «Questo romanzo dalle tinte così forti l’ho dedicato a quelli come Tyson, agli sradicati, agli esiliati che hanno popolato i quartieri ghetto della Capitale. Ci sono tanti Tyson nelle periferie di Roma e molti avrebbero potuto avere un destino migliore, ma non ce l’hanno fatta. Lui in questa storia che racconto, avrà un’ultima, inaspettata opportunità per dare una svolta alla vita, anche a costo di usare la violenza.».
Lo stile di Lo chiamavano Tyson, a tratti grottesco, violento e claustrofobico, richiama alcuni scrittori che hanno influito sulla formazione e sull’immaginario dell’Autore: Niccolò Ammaniti e Carlo Lucarelli, ma anche Roberto Saviano e Giancarlo De Cataldo. La musica, nel romanzo di Valentini, ha un ruolo centrale (soprattutto i “Jethro Tull”) sia nella costruzione dell’ambientazione sia nella descrizione delle relazioni tra Tyson e gli altri protagonisti.
Mauro Valentini, giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa e Marta Russo – Il Mistero della Sapienza (Armando editore). Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo.
Armando Editore –
“Lo chiamavano Tyson”, il nuovo libro di Mauro Valentini arriva in libreria
APRILE 10, 2021
facebook sharing button Condividitwitter sharing button Twittarepinterest sharing button Pinemail sharing button E-mailsharethis sharing button Condividi
Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema anti intrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili, scateneranno una serie di eventi sorprendenti che inchioderanno il lettore fino all’ultima pagina.
Dichiara Mauro Valentini: «Questo romanzo dalle tinte così forti l’ho dedicato a quelli come Tyson, agli sradicati, agli esiliati che hanno popolato i quartieri ghetto della Capitale. Ci sono tanti Tyson nelle periferie di Roma e molti avrebbero potuto avere un destino migliore, ma non ce l’hanno fatta. Lui in questa storia che racconto, avrà un’ultima, inaspettata opportunità per dare una svolta alla vita, anche a costo di usare la violenza.».
Lo stile di Lo chiamavano Tyson, a tratti grottesco, violento e claustrofobico, richiama alcuni scrittori che hanno influito sulla formazione e sull’immaginario dell’autore: Niccolò Ammaniti e Carlo Lucarelli, ma anche Roberto Saviano e Giancarlo De Cataldo. La musica, nel romanzo di Valentini, ha un ruolo centrale (soprattutto i “Jethro Tull”) sia nella costruzione dell’ambientazione sia nella descrizione delle relazioni tra Tyson e gli altri protagonisti.
Mauro Valentini, giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa e Marta Russo – Il Mistero della Sapienza (Armando editore). Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo
MAURO VALENTINI
LO CHIAMAVANO TYSON
ARMANDO EDITORE
Pagine 240, Prezzo 15,00
Armando Editore –
Da THRILLERNORD:
Recensione di Elvio Mac
Autore: Mauro Valentini
Editore: Armando Editore
Genere: Giallo
Pagine: 240
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Fausto Colasanti è un cinquantenne che sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. È da tutti chiamato Tyson oltre che per l’aspetto, per la sua atavica incapacità a controllare la rabbia. Un compagno d’infanzia, oggi famoso chef, lo segnala per un lavoro al Commendatore Peroni, manager nel campo dell’edilizia. Egli dovrà però trovare un aiutante e per non perdere quella che sembra un’ottima e ultima occasione lavorativa, Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello. Tyson e Alcide saranno i custodi della villa del costruttore per 24 ore al giorno, completamente immersa nel verde del quartiere romano dell’Eur. L’edificio è dotato di un originale sistema antintrusione: una gabbia blindata che imprigiona i ladri permettendo ai custodi di avvertire la Polizia. Ma la durezza di Tyson e l’avventatezza di Pennello, insieme a un crescendo di azioni grottesche e imprevedibili da parte dei tanti altri protagonisti che ruotano attorno alla villa, scateneranno una serie di eventi sorprendenti e carichi di azioni avvincenti.
Recensione
La periferia romana è la cornice di questa storia dove molte sono le persone come Tyson, ma pochissime sono quelle che hanno avuto una seconda possibilità.
Tyson se la ritrova addosso una seconda occasione e questa volta l’unico modo che ha per coglierla è non usare la violenza, quella parte del suo carattere che non riesce mai a contenere e che lo ha sempre messo nei guai.
L’inizio è pieno di ripensamenti. Si avverte subito l’incertezza di Tyson quando deve cercare un socio per un lavoro di quattro mesi, le prime due scelte non sono disponibili e solo al terzo tentativo contatta Pennello, ma appena definisce la questione, capisce che forse ha sbagliato persona.
La stessa cosa succede allo chef Bruschetta, anche lui ha dei ripensamenti per aver affidato a Tyson un lavoro così importante. Tyson è colto e intelligente, ma alla fine emerge sempre l’animo rozzo e borgataro. Ma tra loro c’è un antico legame, di quelli che sono tali perché c’è una giovinezza condivisa.
Il racconto è narrato in terza persona, ci sono molti personaggi, quasi tutti popolano I quartieri poveri, dove è permeato un senso di degrado sociale che pare irreparabile. Tyson è il personaggio sempre cupo, l’eroe sbagliato, appassionato di musica anni Settanta progressive rock, proviene da un quartiere fatto tutto di cemento e alienato dal contesto urbano, poi una parentesi di vita americana e il ritorno alle origini.
La musica ha un ruolo fondamentale, viene spesso usata nel racconto per descrivere le situazioni grottesche e i rapporti tra le persone. Alcuni capitoli sono inframezzati dai testi musicali che in qualche modo ricreano l’atmosfera degli anni 80, quando i protagonisti erano giovani.
Quasi tutti i personaggi non sono più ragazzi ma sono uomini di mezza età, che stanno ancora pensando di sbarcare il lunario in qualche modo, in realtà non hanno mai programmato il futuro. Continuano a vivere barcamenandosi tra lavoretti raccattati e faccende di raccomandazioni ben oltre il limite della legalità. I soprannomi dei protagonisti hanno tutti una spiegazione divertente. In alcuni casi il soprannome è più significativo del nome proprio.
L’immagine della gabbia ricorre più volte per rappresentare la vita. Una prigionia che non è solo in senso fisico, ma anche caratteriale per l’incapacità di cambiare ciò che siamo. Anche la gabbia dorata, rappresentata da Villa Azzurra, si trasforma in luogo dove regnano disordine e confusione dati dai comportamenti inopportuni degli uomini. Succede che la gabbia è sempre una pena, quasi come quella che veniva usata nel medioevo per esporre i colpevoli alla derisione pubblica.
Si parte a ritroso, ogni capitolo parla dei giorni prima, degli accadimenti che hanno portato Tyson e Pennello in quella situazione. Poi inesorabilmente ci si avvicina all’ultimo giorno in villa. Come sempre le deviazioni dai buoni propositi arrivano impreviste, dovute a impulsi, sentimenti e occasioni che l’essere umano si sente obbligato a cogliere. È un susseguirsi di piccoli eventi a creare una catena che imprigiona. Un alluce dolente, un litigio tra fidanzati, un incrocio casuale tra ladri e vigilanti e tutto andrà nella maniera sbagliata.
La gabbia diventa la protagonista assoluta, tutti vogliono entrare a Villa Azzurra e tutti perderanno qualcosa. È un crescendo di violenza che sfocia dal nulla ma è inarrestabile, fino all’inevitabile resa aspettando di consegnarsi al destino.
Il finale mi è piaciuto perché è vero, non ci sono scappatoie, non ci sono regali dell’ultimo momento, la vita è così. Le persone pensano sempre di poter gestire la situazione quando si fa complicata, invece la situazione sfugge di mano e ci si rende conto di aver sbagliato… un’altra volta.
A cura di Elvio Mac
https://m.facebook.com
Mauro Valentini
Mauro Valentini: giornalista e scrittore. Nel 2020 con Armando Editore è stato tra i primi dieci libri più venduti in Italia con: Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini scritto con Marina Conte. Ha pubblicato tra gli altri Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa e Marta Russo – Il Mistero della Sapienza. Con quest’opera ha vinto il premio letterario Costa d’Amalfi 2017 e si è classificato secondo al Premio Piersanti Mattarella 2019. Lo chiamavano Tyson è il suo primo romanzo.
Armando Editore –
Da http://www.sguardoadest.it
Perché leggere il libro
Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini edito da Armando Editore è il primo romanzo del giornalista, che di recente si è occupato di un noto fatto di cronaca con la pubblicazione del libro Mio figlio Marco, la verità sul caso Vannini.
Il romanzo di Valentini è stata una sorpresa. Il libro scorre inizialmente fluido, con toni pacati senza particolari momenti di suspense, fino a quando, a metà del romanzo, piano piano, tutto e tutti iniziano a confluire verso un’unica, grande tragedia. Leggendo Lo chiamavano Tyson, non ho potuto non provare una profonda tristezza per un mondo ai margini che non consente alcun riscatto sociale e personale e di cui spessissimo ci dimentichiamo.
Valentini conosce bene il mondo degli emarginati, delle periferie e degli emigranti. Ha raccontato le loro vite numerose volte e il suo romanzo trae ispirazione da storie reali nelle quali si è imbattuto nel corso del suo lavoro. Chi vive ai margini della società e nelle periferie degradate, vegeta, sapendo di essere in un vicolo cieco, in una strada senza uscita. La periferia e il degrado abbrutiscono, incattiviscono, e questo, Fausto Colasanti, detto Tyson (non a caso), lo sa bene. Quando nessuno ti dà chance per cambiare, per migliorare, per esprimere le tue capacità e il tuo talento, la rabbia ti monta dentro e ti logora ogni giorno di più, divorandoti l’anima, soffocando quello che di buono e di bello c’è in te.
Tyson ha cinquant’anni, e nonostante l’aspetto fisico (enorme, con il collo taurino, scontroso e perennemente accigliato), in realtà è una persona sensibile, empatica verso chi soffre, ama la buona musica, il cinema e la lettura. La vita qualche opportunità per riscattarsi gliel’ha data, ma a lui, a causa di quella maledettissima rabbia che gli galoppa dentro e che ormai è una seconda pelle, gli rovina sempre tutto, inibendogli qualsiasi rivalsa nei confronti del suo destino.
Il romanzo, come indicato in apertura dall’autore, è dedicato:
A quelli della mia generazione, recisa dai quartieri di origine e confinata nelle case popolari di Roma dal 1970 al 1980.
A chi ce l’ha fatta e a chi si è perduto.
Sinossi
Fausto Colasanti, detto Tyson, sopravvive facendo piccoli lavori saltuari. Un compagno di infanzia, divenuto famoso chef, lo segnala per un lavoro che sembra un’ottima occasione lavorativa: fare vigilanza nella villa di un ricco imprenditore. Tyson proporrà il suo amico Alcide Pennello, e insieme saranno i custodi di Villa Azzurra per qualche mese, per 24 ore al giorno. L’edificio però, è dotato di un originale sistema antintrusione, una gabbia blindata, una sorta di prigione per i ladri che permette ai custodi di avvertire la polizia. L’incapacità di Tyson di gestire con responsabilità e sangue freddo la situazione, aggiunta all’inesperienza di Pennello e alle azioni imprevedibili di tutti gli altri personaggi che ruotano attorno alla vicenda, scateneranno una serie di eventi avvincenti e drammatici, che manterranno il lettore incollato al libro fino all’ultima pagina.
Lo chiamavano Tyson di Mauro Valentini
Il racconto scorre fluido. Ogni pagina lascia intendere che qualcosa di tragico sta per accadere, mantenendo il lettore sempre in ansia per un fatto, un evento che rivela una svolta nella storia e che, invece, arricchisce di dettagli l’ultima grande tragedia finale.
Le storie dei singoli personaggi (ce ne sono circa una decina), sembrano slegate le une dalle altre, per ricongiungersi poi alla fine, a rimarcare ancora una volta che, forse, per alcuni il destino è marchiato addosso fin dalla nascita e chi vive ai margini, resta ai margini, nonostante qualche blanda opportunità.
Mario Ascolese, detto Bruschetta, l’amico di infanzia di Tyson, invece ce l’ha fatta. Come Tyson, da ragazzino ha vissuto il trasferimento coatto per un alloggio popolare ai palazzoni, ma da quei mostri orribili voleva staccarsi, e lo ha fatto. Ha rincorso un sogno, una passione che ha affinato fuori da quel degrado. E’ diventato un rinomato chef e ha trovato lavoro presso uno degli uomini più ricchi di Roma, il Commendatore Peroni.
Tyson, come dicevo, è una persona intelligente e sensibile e quando incontra il Commendator Peroni, riuscirà a farsi benvolere. Ma un’occasione, se non sei abituato a vivere in un contesto inclusivo e se non hai sviluppato un consapevole senso di responsabilità e rispetto, si rivela solo un’effimera occasione.
Quando si è presentata l’opportunità, nonostante con la mente rigettasse l’idea del suo passato, Mario Ascolese ha pensato al suo amico Tyson che con lui, quando erano ragazzini, era stato sempre gentile, cosa che non facevano gli altri. Quando il Commendatore Peroni ha avuto necessità di una lunga sorveglianza alla villa, lui ha pensato a quell’omone grande e grosso della sua infanzia. Poteva essere la persona giusta, anche se non era convinto fino in fondo (e non a torto). Tyson, infatti, nonostante l’età, ancora non aveva imparato a controllarsi. Del resto, non poteva essere diversamente. Il degrado ti respinge, è fatto di soprusi e violenze, l’asticella della difesa deve essere sempre alta per non soccombere e Tyson riusciva a difendersi dalle ingiustizie della vita solo sfogando la propria rabbia con tutta la forza che possedeva.
Il libro, infine, è un bellissimo viaggio negli anni 70 e 80 e Mauro Valentini tira fuori dei ricordi che non possono non far impazzire i “giovani” di quell’epoca come me. Il motorino Ciao, il mitico Falcao, Lupin, Diabolik, i film di Hitchcock, Starsky e Hutch solo per citarne alcuni. E poi la musica, quanta musica! Mauro Valentini ci sorprende davvero con tutto, un repertorio unico, una vera ghiottoneria!
Se il post ti è piaciuto, metti “mi piace” sulla mia pagina facebook o “like” su questo articolo. Grazie!